Quando parliamo di narrativa
e lo facciamo in riferimento alle esigenze dei più piccoli, le illustrazioni sono parte integrante, fondamentale del racconto in quanto porta-voce di necessità linguistiche primarie che si esprimono attraverso i sogni e la fantasia.
La capacità immaginifica dei bambini è inversamente proporzionale alla loro altezza fisica; i bambini sono capaci di con-tenere realtà enormi, di cui gli adulti spesso non hanno neanche il sospetto.
La descrizione del mondo è pantagruelica, la necessità del bello è associata alla funzionalità che gioca un ruolo del tutto interno, autocentrico, tipico dell’età.
Dei bambini non si può dire che siano egoisti, ma piuttosto è importante comprendere che la regolazione del flusso vitale è prettamente biologica, autoconservativa ed espositiva in senso unidirezionale.
In condizioni di serenità espressiva, ogni bambino fluisce per ciò che è.
Quando il flusso interpretativo del sé è interrotto, laddove i metodi di recupero tradizionali si sgretolano, spesso intervengono la narrativa liberatoria e l’arteterapia.
Oggi, per esempio, soffiava un gran vento ed era il tempo ideale per andare a caccia di orchi.
Forse siete diventati troppo alti e lo avete dimenticato, ma c’è orco e orco, non sono tutti uguali: burberi, piccoli, medi, forzuti, con o senza capelli, incolti od eruditi… Ne esistono per tutti i gusti.
Quelli enormi, con le orecchie grandi e la testa piccola, però, sono i migliori.
Sono vestiti di stracci e non sono molto puliti in effetti, perché svolgono lavori sporchi.
Sembra vaghino nei boschi senza far nulla, in realtà sono custodi e quando li si vede accucciati a scavare forsennatamente la terra con le mani è perché sono impegnati nella delicata operazione di estrarre lacrime nascoste, sotterranee, che meritano di essere liberate, per raggiungere la propria dimensione attraverso un percorso di crescita emozionale e grafico-qualitativa, per un corretto ripristino della lettura del sé.
Ma perché proprio un orco e non magari un angelo, uno spirito, una guida luminosa, rappresentativa del bello assoluto?
Due sono i motivi fondamentali:
– il senso del bello e del brutto nei bambini non è assimilabile alla visione adulta, risponde esclusivamente ad una logica razionalista, legata alla concretezza protettiva e proiettiva del fare.
Per i piccoli è necessario toccare i concetti e la comunicazione deve avvenire su piano orizzontale, poiché lo sviluppo cognitivo ed emozionale passano attraverso il canale sensomotorio.
Quando sono un bambino, devo poter camminare attraverso le mille sfaccettature dell’ io ed è importante che possa farlo con l’ausilio di un elemento magico aiutante, ma non salvifico, che al contrario allontana dall’obiettivo materiale della realizzazione terrena del sé.
– Figure eteree, invece, non si possono palpare, l’utilizzo di tali interventi è ambiguo ed elude il bisogno di chiarezza tipicamente puerile.
È la proposta di un’interazione comunicativa obliqua, non prevede una partecipazione diretta dell’interessato, che piuttosto subisce la relazione senza poterne essere il protagonista; di per sé, nella logica condivisa, angeli e spiriti appartengono ad una tradizione risolutivo-cognitiva eccessivamente alta.
Mentre per gli adulti possono generare conforto, il rischio – nella fascia 3/16 anni – è l’ ulteriore attivazione di un senso di impotenza, con conseguente calo di interesse dei processi conoscitivi del racconto specchio-individuale.
In poche parole, le difficoltà espressive devono essere canonizzate attraverso concetti plastici, simili al materiale, conducibili all’esperibile, che possano veicolare in modo corretto l’esigenza di conoscere da vicino il grottesco inteso come la capacità di adattamento e scioglimento dei propri nodi interpretativi.
Per questo è necessario creare racconti dove l’incontro con l’assurdo è mitigato dal concreto, inteso come reperibilità del “mondo vicino”.
L’ elogio del brutto è funzionale all’accettazione della realtà e pone le basi per oggettivare il presente, mutuando dalle proprie fondamenta sconnesse, per dare vita a nuove possibilità mentali e creative.
Denise Calamita ©