Come riaccendere un drago stanco

Pubblicato il: 10 Marzo 2021

Una volta, un drago di ritorno dall’ennesima battaglia contro le Cornacchie Canterine, si sentì particolarmente stanco ed affamato.
E siccome volava da anni, senza sosta, decise di cercar ristoro nel posto più vicino che avesse trovato.
Un po’ per caso, un po’ per divin bisticcio, posò la coda nel buco perfetto di un vecchio vulcano che bofonchiava sottovoce di andate e scoppiettanti avventure.
– Mmmm! Come si sta bene – pensò.
Mentre era impegnato a godere di quella sopita sensazione di conforto, si accovacciò ingurgitando qualche bacca selvatica sopravvissuta alla noia di quel terreno brullo e a tratti desolatamente lunare.
Tirato un lungo sospiro, si addormentò e rimase immobile per sette giorni e sette lunghe notti.
Il suo naso, intriso di polvere e fuochi spenti, produceva un rumore assordante, così potente da far tremare l’intera vallata.
Russava in modo angusto, terrificante e gli abitanti cominciavano a chiedersi da dove provenisse quell’ inspiegabile disagio.
Che Vulcano avesse ricominciato a far mattane? O forse la città era stata vittima di un maleficio?
Oppure, ancora peggio, si trattava delle avvisaglie di un terremoto che di lì a poco non avrebbe lasciato scampo a nessuno?
Forse era giunto il momento di convocare il Consiglio Comunale, ma i tempi degli uomini, si sa, sono molto più lenti di quelli della magia.
Gli uomini, spesso, non sanno ascoltare e dove l’occhio assorto dei popoli si sofferma nel tentativo di trovare soluzioni, la magia ha già tessuto intrecci che conducono serenamente verso la strada del senno di poi.
– Beh – ridacchiò in modo supponente una marmotta che si trovava in villeggiatura lungo il pendio Est dell’antica montagna fumosa – Se non altro abbiamo certezza che sia vivo, qualunque cosa sia!
– In effetti – rispose una quaglia che lavorava come barista lì vicino – non sono riuscita a capire se è un gallo di grandi dimensioni e dalla coda bizzarra o quale strano animale possa essere. Ha le ali troppo piccole per essere un volatile e il muso troppo grande per apporvi un becco. Ma la cresta!!!
Ha la cresta di un cedrone di buona famiglia –
Il drago continuava a dormire e per fortuna non sentiva nulla di quanto veniva detto sul suo conto.
A guardarlo con attenzione, certo si era giustificati per il pensiero che fosse davvero strano.
Non possedeva squame o meglio, forse le aveva avute un tempo, perché si erano trasformate in ciuffi disordinati e iridescenti che si stagliavano sporadicamente sul suo corpo cicciotto, appesantito dalla guerra e dal sacrificio delle distanze, imposte dalle armi e dal ruolo che interpretava, ma che mai aveva profondamente abitato.
Gli occhi erano piccoli, insabbiati dalle troppe albe passate a girovagare senza meta e le unghie così rotte da far pena, tagliate di sbieco dal peggiore dei tronchesini, poggiato a casaccio su quelle zampe forse un tempo imperiose, ma ad oggi così lente da sembrare sacchi di sale svuotati dall’ inerzia e dall’ umido.
Però la cresta…
Ah! Un pennacchio di tale eleganza da far retrocedere anche il più spudorato dei benpensanti.
Piume ritte, orgogliosamente gialle e arancioni, narravano implicitamente di peripezie che avrebbero dovuto essere raccolte nel libro dei libri, se solo qualcuno avesse trovato il tempo di ascoltare quanta meraviglia il rettile incantato custodiva gelosamente dentro di sé.
Una mattina di Maggio, dopo aver dormito una quantità di ore sufficienti a recuperare le forze, il drago tirò uno sbadiglio così sonoro da svegliare anche quelli de “il Mondo Laggiù” e immediatamente si creò una siffatta agitazione che sembrò dovesse iniziare la rivoluzione, ma appurato dai terrazzi che forse potevano essere affari di qualcun altro, la cosa scemò al primo biglietto della lotteria acquistabile con il 20% di sconto.
Meglio un sogno in saldo, recitava ostinatamente uno slogan partorito da una strategia pubblicitaria tardo epocale, piuttosto che una realtà cruda, a medio battito.
Investi in certezze, chiudi la serranda! Non c’è nulla da vedere.
– Buongiorno! – gracchiò una voce che non si sapeva bene da dove venisse – Finalmente ti sei svegliato! –
Il drago stropicciò le ciglia assonnate e nonostante l’impegno non vide nessuno.
– Da dove vieni? – incalzò ancora quel richiamo nasale e convincente, tanto che nonostante la scarsa visione il nostro asso si sentì chiamato a rispondere.
– Ero al concerto degli Zagor, ho ballato tutta la notte e poi mi sono trovato qui – disse senza riflettere – C’era un caldo così confortante, mi sono addormentato e… E il resto forse lo sai.
– Oh, io sì sicuramente! – Lamentò Vulcano con fare severo e profondo.
Brontolava di buona lena, cercando di nascondere l’entusiasmo per l’insolito ospite che gli teneva compagnia da un po’ di tempo.
L’ oratore segreto, che aveva seguito la scena con attenzione, scoppiò in una grassa risata e si rivelò.
Era una gallina dal fondoschiena spiumato e tatuato, doveva averne viste tante in vita sua; gli occhi vividi, il becco sorridente e le zampe che si aggrappavano al terreno con un unico artiglio.
Ma era così serena che, data una rapida occhiata, si era pronti a dimenticare l’evidenza di quella visione; nonostante rappresentasse un’ecletticitá di stili arroccati in modo stravagante, risultava perfettamente orientata in una scientifica sovrapposizione di spiritismo e capacità intellettuale.
– Adoro gli Zagor!  – disse dolcemente, allungando un bicchiere di more rupestri e gin egregiamente mixato dalla quaglia-tender – Ma credo la tua storia sia un po’ più lunga di così – fammi ascoltare.
– Mi chiamo Kmer, sono un drago guerriero della contea di Knut, a sud del Regno di Mknot.
Combatto da quando è lecito, per un cavaliere, indossare lo scudo in nome del re, della giustizia e del proprio credo, ma adesso sono così stanco.
Mi sono appoggiato per caso sul cuore pulsante di Vulcano e credo resterò qui: c’è il bar, una bella passeggiata, fiorellini gialli e giù verso la valle un vociare festoso di bambini che rallegrano l’anima.
Sicuramente è il posto ideale per essere felice.
– E non dimenticare le sonate indomite di batteria che occupano l’aria ogni sera! Certamente è giunto il tuo momento, puoi smettere di viaggiare – fece finta di credergli la gallina, ma aveva letto attraverso le righe nascoste di così tante storie che sorrise tra sé e sé, gustando un delicato cocktail d’annata che mascherava in modo arguto le sue perplessità.
Vulcano non fece nulla, se non emettere qualche grugnito, ma non era disappunto; in fondo non gli spiaceva affatto la presenza del suo nuovo amico.
Furono sere dense di note e ricordi, viaggi indimenticabili e altrettanti così ingombranti da occupare intere nottate nel tentativo di costruire armadi tanto capienti da poterli contenere tutti.
Non esiste libertà che possa essere trattenuta da nessuna asse di legno né condensata sul fondo di un bicchiere.
Ci sono doni che spesso possono assumere i contorni poco nitidi di una condanna ed è probabile ci si possa smarrire nella nebbia rarefatta della comodità.
Ma sono attimi, piccole dosi di ristoro che il destino mette a disposizione dei suoi amanti, quelli che sceglie, chissà con quale altro criterio, se non con dovizia e rasserenante osservazione.
Kmer non lasciava mai la sua postazione e nessuno ci aveva fatto seriamente caso, ogni cosa si svolgeva lì attorno come fosse sempre stato e anche il Consiglio Comunale, appurata l’idea che si trattasse di un essere innocuo e ciarliero, aveva deliberato che si potesse convivere in un clima di pace e collaborazione, sopportando di buon grado il
suo cavernoso russare.
Gallina e Drago erano diventati inseparabili, ogni giorno si scambiavano ricordi, idee, impressioni e mentre lei metteva a disposizione la sua sapienza di chioccia, Drago si perdeva in domande, riflessioni e senza rendersi conto si avvicinava sempre più a quella voglia di tornare a volare che mai lo aveva del tutto abbandonato.
– Posso chiederti una cosa?
– Sì.
– Cosa ci fai con la scritta “Awesome” tatuata sul culo? Insomma, mi chiedo cosa possa  avere di così eccezionale un culo spennato –
Chiese Kmer bevendo un bicchiere di Sambuca appena spremuto
– Ah ah ah! – Rise con tutto il fiato che aveva in petto la nostra signorina tardo-punk.
– Non è questione di chiappe in sé, non lo è mai.
Ma è sempre e solo faccenda di come te le salvi quando, a scontro diretto con gli imprevisti della vita, fai del tuo meglio per uscirne intero.
Quando avevo la tua età non ero consapevole di questo e ho creduto per tanti anni che le mie estremità spiumate fossero una vergogna.
Oggi ho 40 anni, molti per una pollastra, e ti posso dire che invece, in quell’occasione, in cui sconfissi l’inferno da sola, fui veramente eccezionale.
Perciò me lo sono tatuato.
Perché ogni cicatrice, ogni tatuaggio, ogni dolore scritto a gran voce o sussurrato sulla pelle merita di essere onorato per ciò che è:
un fantastico emendamento che deve essere testimonianza di ciò che abbiamo superato, per aiutare chi, temporaneamente messo sul nostro cammino, ha smarrito la strada di casa.
Kmer per la prima volta si sciolse in lacrime e dopo anni, quasi inconsapevolmente, mosse le ali strappate e inermi da troppo tempo.
Gallina comprese la situazione e chiesto aiuto al Sindaco e ai bambini, intrecciarono tutti insieme una ghirlanda di fiori gialli attorno alle ali di Drago, perché potesse tornare al suo percorso.
Vulcano, dispiaciuto di quel forzato saluto, fece comunque il suo dovere e, raccolto tutto il furore che tratteneva in sé, soffiò sulla coda disinibita del nostro amico perché potesse prendere il volo.
Ci sono incontri che durano il tempo di un lungo abbraccio e la clessidra, dominata dalla pittorica opinione di un Destino volenteroso e migratore, fa il suo mestiere senza sconti né favori.
Viene a dire che ognuno ha la sua storia e che spesso ci sono arrampicate che mai potremmo affrontare in solitudine perché tanto grande è il peso che in quel momento abbiamo sulle spalle.
Arriva a portare il messaggio chiarificatore e potente che ciascuno ha il suo viaggio e che ci sono tanti modi di scrivere nuovi capitoli.
Ma non esiste caso in cui l’amore non metta il becco, anche solo per un minuto, una manciata di secondi rapidi quanto il giro sapiente del vento che accompagna la prora di una nave verso nuovi orizzonti.
Esiste il senso ripido e onesto dell’appartenersi nonostante i saluti e gli addii o gli arrivederci.
C’è Amore che spavaldo dice sempre: non esiste trama che io non abbia già deciso di intrecciare, non esiste canto che non porti il mio nome.
E quanto è vero che io comando ogni cosa, siano sempre benedetti gli abbracci, i distacchi, i destini e la voce sapiente del tempo che culla l’anima stanca di ogni guerriero per poi rimetterlo sulla sua strada, sul suo cammino.

(si ringrazie per l’ immagine Michele Calamita)

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